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Tempo di osare? Magari domani

             Nel 1952 Samuel Beckett scrisse la sua opera teatrale più conosciuta: Aspettando Godot. La trama era molto semplice.  Due uomini, Vladimir ed Estragone aspettano su una strada solitaria un tale chiamato Godot. Quest’ultimo non appare mai e nulla si sa di lui. Solo un ragazzo di giorno in giorno si reca da Vadimir ed Estragone portando loro il messaggio di Godot: “oggi non verrà, ma verrà domani. I due Cittadini, poveri, mal vestiti, spaesati si lamentano di tutto, del freddo, della fame della loro povera esistenza. I loro discorsi sono sconnessi, superficiali, privi di un senso concreto della realtà ma non possono fare a meno, anche a costo di litigare, di quelle vuote conversazioni. Tutto scorre nella routine, aspettando il sig. Godot, fino a che compaiono altri due personaggi: Pozzo e Lucky. Pozzo si dichiara proprietario della terra sulla quale Vladimiro ed Estragone stanno. Pozzo è un uomo crudele e allo stesso tempo pietoso e tratta Lucky come suo servo tenendolo a guinzaglio con una catena anche se si comprende come Lucky, pur ridotto in schivitù, non può fare a meno del suo padrone. Dopo l’ennesima volta che arriva il messaggero di Godot che continuerà a ripetere “oggi non verrà, ma verrà domani” Vladimir ed Estragone decidono di andarsene ma rimangono fermi. Il loro linguaggio non riproduce più la realizzazione della volontà individuale non esistendo più legame fra parola e azione e fra il linguaggio e la storia.

Questo splendido capolavoro teatrale, non ha tempo, non ha confini, non ha luoghi. Proviamo ad immaginare due cittadini seduti oggi davanti ad un bar (o due opinionisti in un attuale talk show) che parlano di politica. Si lamentano di tutto, del malcostume, della disoccupazione, della corruzione, del mercato economico, dell’inefficacia dei rappresentanti politici: Entrambi aspettano che il leader politico di turno, da loro ampiamente votato, arrivi a risolvere miracolosamente tutti problemi. Naturalmente le miracolose risoluzioni non arrivano ma ciò nonostante i due Cittadini continuano ad aspettare e sperare in un improbabile domani. Mentre perseverano nei loro sterili ragionamenti davanti al tavolino del bar passano “papponi” che sfruttano minorenni, “camorristi che impongono tangenti, funzionari dello stato corrotti sotto braccio alla velina di turno e varia altra umanità ma tutti non sono soli, ognuno di loro a un “codazzo” di seguaci che si accontentano di stare all’ombra del loro padrone in cambio di piccoli vantaggi. I due Cittadini vorrebbero fare qualcosa per cambiare la situazione ormai stagnante ma ormai le parole che da più parti aleggiano nell’aria non hanno più corrispondenza con le azioni e niente li smuoverà dal quel tavolino dinanzi al bar (come niente smuoverà i soliti opinionisti dei talk show).

 

Osare significa rivoluzionare un modo di vedere, pensare, sentire ma ogni rivoluzione comporta un sacrificio: abbandonare il vecchio. Esiste un meccanismo psichico negli esseri umani che tende naturalmente all’omeostasi. Una volta che la nostra personalità (non diversamente dalla società) ha raggiunto una qualche forma di equilibrio fa estrema fatica ad abbandonare il traguardo raggiunto per lanciarsi verso nuovi e migliori equilibri. Basta osservare come gli individui ristagnino in condizioni e stili di vita precari pur di non modificare anche piccole abitudini che li porterebbero inevitabilmente in situazioni migliori. Il parlare o straparlare della politica attribuendo ad essa ogni responsabilità non tiene in debito conto che essa rappresenta fedelmente la cultura degli elettori. Sicuramente chi doveva sovraintendere allo scarico di materiale tossico nella cosiddetta “terra dei fuochi” non ha svolto il suo dovere, ma l’humus sociale in cui lo scempio è avvenuto (omertà, scarico di piccoli rifiuti nella strada, mancata raccolta differenziata, ecc.) ha contribuito all’omissione/responsabilità dei responsabili preposti. Tutte le rivoluzioni hanno bisogno di “sangue” inteso come sacrificio e non necessariamente come sangue umano ed anche nell’esempio riportato qualcosa è iniziato a cambiare allorquando i morti per incremento dei tumori ha iniziato ad innalzarsi considerevolmente. Le terribili morti di molti nostri concittadini probabilmente indurrà nel futuro le mamme di quei luoghi a fare la raccolta differenziata e non gettare più le buste della spazzatura nelle strade buttandole giù dai loro balconi, difendendo così la salute dei loro bambini. Nutro un certo sconforto, ne sono consapevole, ma destarsi dal sonno e mettersi sulla strada del cambiamento comporta per tutti gli uomini il coraggio di scegliere l’incerto per il certo e i proverbi popolari, che hanno sempre un fondo di verità e saggezza, recitano esattamente il contrario.

di Carlo de la Ville sur Illon

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