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IL LUNGO CAMMINO DELLE DONNE

  Nonostante in ogni contesto si parli con toni tragici di violenze e femminicidi, nonostante si attivino campagne di informazione e sensibilizzazione, nonostante si moltiplichino sportelli a favore e protezione delle donne, nonostante si inaspriscano le pene per reati di tale matrice, la violenza sulle donne continua a mietere vittime.

  Quanto una condotta, in questo caso è più esatto parlare di crimine, si perpetua con continuità ed interessa persone di ogni estrazione sociale ed economica, non è più un fatto di cronaca ma un fenomeno sociologico che va studiato nella sua attualità senza perdere di vista il percorso storico. La violenza sulle donne, infatti, ha radici antichissime e tutte le culture, in qualsiasi latitudine, hanno sempre, praticato, sottaciuto e tollerato forme di violenza e discriminazione nei loro confronti. Nella nostra attuale così detta “civiltà occidentale” la discriminazione di genere non può essere palesemente espressa ma, il fatto che non la si esprima non necessariamente significa che essa non covi sotto la cenere.

  Millenni di storia non si possono cancellare in pochi decenni.

  Nella pratica clinica possiamo osservare come le coppie uomo / donna, anche le più evolute e colte, apparentemente lontane da ogni forma di diseguaglianza, al loro interno, presentino sempre delle ridondanze relazionali definite in base al genere e alla cultura che sottende tale genere. Ad esempio, l’accudimento dei figli è ancora quasi tutto a carico delle donne (solo il 6,9% degli uomini nel 2018 ha chiesto il congedo di paternità), così come nelle separazioni per la stragrande maggioranza dei casi i figli minori sono affidati prevalentemente alla madre (Maternal preference). Se osserviamo le coppie nella fase prematrimoniale ci si rende immediatamente conto che il complesso rituale che accompagna il matrimonio (chiesa o comune, abiti, cerimonia, bomboniere, ecc.) è prioritariamente gestito, oltre che emotivamente investito, dalle donne.

  Se l’emancipazione femminile ha raggiunto grandi traguardi, la strada per la totale uguaglianza è ancora da divenire e in questo cuneo di disuguaglianze si è insinuato, con forza, il “mercato” che, con modalità differenti, a volte mascherate da fattezze ugualitarie, ha continuato a proporre modelli di donna oggetto, con la sua funzione di “oggetto sessuale” nella pubblicità o di venere muta nel mondo della moda o ancora quella di soubrette nel campo dello spettacolo. “Modelli” di donna, da una parte rifiutati dalle stesse donne e dall’altra tacitamente accolti. Questa dicotomia “emancipazione / conformismo” sembra spiazzare l’universo maschile che fatica a collocare se stesso e il proprio ruolo dinanzi a quello che gli uomini percepiscono come un continuo trasformismo del femminile. Gli atti criminali a danno delle donne, dietro i quali insiste sempre un uomo insicuro, instabile e fragile da un punto di vista psicologico-clinico, ci indicano che l’azione violenta avviene in un momento di black out, di scissione psichica, dove la mente non riesce a vedere la soggettività di chi ha di fronte ma mette a fuoco un oggetto ignoto e minaccioso. L’ignoto genera paura e alla paura si può reagire in diversi modi. Tra le condotte che abitualmente gli esseri viventi mettono in atto vi è la “fuga/ritiro” e “l’attacco/aggressione”. L’uomo che aggredisce, abusa, uccide una donna è un uomo che non ha saputo gestire la sua paura fino a generare vere e proprie forme di paranoia.

  Se si analizzano i casi singolarmente non vi sono attenuanti di sorta nei confronti di chi mette in atto queste forme di violenza, se, viceversa, analizziamo la complessità e la vastità del fenomeno in un’ottica più allargata possiamo renderci conto come l’auspicata parità di genere sia un processo in divenire con molti punti di forza e altrettanti punti di debolezza.

  L’uguaglianza di genere, al pari dell’uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, è una conquista culturale da cui siamo ancora lontani.

 

Dr. Carlo de la Ville sur Illon

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