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Quando un figlio adottivo diventa adolescente

  Se l’adolescenza è difficile per tutti per i ragazzi adottati lo è di più perché, oltre che a confrontarsi con il compito di sviluppare un’identità diversa e di acquisire indipendenza dalla propria famiglia, si scoprono anche diversi dai genitori adottivi e si sentono chiamati ad imparare a convivere con due mondi. Questo li pone davanti ad un cammino più difficile nella formazione della propria auto-immagine ed affermazione: avendo due coppie di genitori, la biologica e la adottiva, hanno più persone con cui potersi identificare e dalle quali doversi separare. 

 

Facile che la tensione diventi conflitto.

 

  «L’adolescenza è il momento in cui ognuno costruisce la propria identità. In un ragazzo adottato è più complessa, perché c’è un puzzle con più tessere da inserire.

 

Diventa difficile rispondere alla domanda: “Chi sono io?”, se mancano dei pezzi.

 

Ma ancora più difficile è rispondere a un’altra domanda: “Cosa sarebbe stato di me se non…?”. Consapevole o no, alla base c’è l’idea che il destino sia dipeso da qualcun altro; dal genitore biologico che lo ha abbandonato» (Trezzi).

 

  La famiglia adottiva si confronta con le stesse tematiche di qualsiasi altra famiglia ma, allo stesso tempo, ha alcune peculiarità che sono proprie dell’universo dell’adozione e influenzano il processo di crescita del figlio e del suo relazionarsi con essa.

 

  Un altro aspetto da non sottovalutare è il rapporto con il corpo che cambia.

 

Se è pur vero che nessun teenager si piace, per l’adottato il percorso di accettazione è più impervio perché implica un ulteriore passaggio: riconoscersi diverso dalla mamma e dal papà.

 

  «In questa fase di trasformazione, le tensioni crescono e non si tollerano le imposizioni. Bisogna lavorarci, fare pace con i fantasmi del passato, legittimare definitivamente i genitori adottivi e trovare un equilibrio tra passato e presente, prima di emanciparsi e diventare autonomi. Dobbiamo ricordare che l’adozione è una condizione con la quale fare i conti tutta la vita» continua Trezzi «e nei momenti di snodo, come l’adolescenza, viene alla ribalta».

 

  E’ importante che in questi momenti il giovane abbia l’appoggio e la tranquillità dei genitori adottivi, affinché questa indagine possa rappresentare una ricerca serena nella costruzione della propria identità e non un “incubo” terribile pieno di fantasmi. Genitori e figli devono imparare a ri-conoscersi e a ri-scegliersi.

 

  C’è un momento, inevitabile, che spaventa molto ed è quando un teenager urla: “Voi non siete i miei veri genitori”. «Non bisogna perdere la testa. L’unica risposta da dare è: “Tu sei e sarai sempre mio figlio, sono il genitore giusto per te”», suggerisce Catia Mallamaci, responsabile del servizio adozioni dell’Istituto La Casa di Milano, un’esperienza di decenni nel settore internazionale.

 

  «L’adolescente ha bisogno di punti fermi, chiari, dati dagli adulti. Oggi c’è una difficoltà oggettiva: i bambini entrano in famiglia a 6/8 anni e oltre e il senso di appartenenza ha meno tempo per radicarsi, prima del ciclone adolescenziale. Quando arriva si viene travolti e la domanda “da dove vengo?” porta con sé dolore. Non ci si illuda che riguardi solo chi ha ricordi di una vita preadottiva. Al contrario, chi non li ha li cerca, per colmare un vuoto. L’importante è che i ragazzi non siano lasciati soli a gestire emozioni così grandi. vanno accompagnati» (Trezzi).

 

dr.ssa Miriam Vitucci

 

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